Sono lunghe giornate d’attesa. Per noi che stiamo fuori. Per Sabrina, che tiene duro dentro.
La data del trapianto si avvicina, accopagnata più da un senso di liberazione piuttosto che dalla paura. Questo sentimento – ma forse sarebbe più giusto dire il terrore, il panico – lo si prova a momenti alterni tutti i giorni, tutte le ore, tutti i minuti e tutti i secondi dal momento della scoperta del male. Tutto ciò che allevia la paura è santo. E’ pace. E’ respiro. E’ speranza. E’ cambiamento. Ed è l’apertura al cambiamento la spinta più grande per superare la malattia. La percezione di diventare altro. Non di sconfiggere qualche cosa. Non di vincere guerre o battaglie. Ma di trasformare se stessi.
Il trapianto in questo caso altro non è che il simbolo concreto di questo cambiamento radicale. E’ un dono. E come tale va preservato e accudito. Accettato. Dal nostro corpo e dalla nostra anima. Che per fargli spazio deve neccessariamente mutare. Questa è soltanto una metafora, certo…ma nessuno sa davvero dove si fermi la metafora e dove inizi la realtà. Ma in fondo non importa dove inizi una cosa o finisca l’altra. L’importante è solo che Sabrina stia bene.
E che sappia di non essere sola ad attendere in quella stanza.
1 Commento
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Dai sabrina, tieni duro!!
Vorrei darti tutte le mie energie per aiutarti ad affrontare questo momento. Aspetterò tue notizie. Ottime chiaramente!! Lucio, sei un angelo.